Sono gli inestetismi più odiati dalle donne, ma potrebbero anche essere il segnale di un’insufficienza venosa cronica. Oggi le terapie consentono di ottenere ottimi risultati. A patto d’intervenire nella fase iniziale della patologia
Le teleangectasie, più comunemente noti come “capillari”, sono una delle patologie più diffuse (e sottovalutate) delle donne. Spesso i capillari visibili, perlopiù concentrati negli arti inferiori, sono i primi segnali di patologie vascolari come l’insufficienza venosa cronica, una patologia ereditaria che, nel tempo, può provocare disturbi più gravi.
Anche in questo caso, la parola chiave è prevenzione, ovvero intervenire nelle fasi iniziali della patologia per limitare non solo il danno estetico (cioè le tipiche arborescenze violacee) ma anche per scongiurare l’evoluzione verso patologie più conclamate.
Le principali metodiche per eliminare questo problema sono la scleroterapia e il laser e, benché sulla loro efficacia, permangano delle robuste diffidenze, restano queste le soluzioni terapeutiche più efficaci.
I capillari (piccoli vasi sanguigni sotto la cute delle gambe) possono essere “isolati” oppure associati a un’insufficienza venosa, una malattia nella quale le vene delle gambe perdono la capacità di spingere il sangue verso il cuore diventando via via più dilatate e causando dolore e sensazione di pesantezza. Per questo motivo, in presenza di questo problema, è fondamentale studiare, in primis, la circolazione venosa con un eco-doppler.
In ogni caso, i fattori predisponenti sono ben noti: i principali sono l’ereditarietà, le gravidanze, l’assunzione di ormoni estrogeni e, ovviamente, l’età.
Veniamo ai trattamenti, ovvero la scleroterapia e il laser. La prima è una tecnica mini-invasiva che consiste nell’iniettare una piccola quantità di farmaco nei vasi oppure nella vena che li alimenta, con lo scopo di provocarne una sclerotizzazione. La sostanza, infatti, determina un indurimento del capillare che lo occlude progressivamente, rendendolo non più visibile. Il trattamento si effettua in sedute ambulatoriali di 30-45 minuti. Per ottimizzare il risultato è consigliata una calza elastocompressiva.
La scleroterapia è consigliata quando i capillari hanno un diametro superiore ad 1-1,5 mm. Viene invece sconsigliata quando i pazienti hanno paura degli aghi, in quelle persone allergiche al farmaco scleroterapico o ad alto rischio di trombosi.
In tutti questi casi il trattamento più indicato è quello con il laser che colpisce l’emoglobina contenuta nel sangue. Il processo che subisce il capillare colpito è simile ad una sclerotizzazione, in quanto il calore sprigionato distrugge la parete del vaso sanguigno che, di conseguenza, scompare.
Il trattamento laser, però, può essere problematico perché i vasi da colpire hanno diametri e profondità variabili. Uno dei laser maggiormente testati per questa patologia è il Neodimio YAG.
Il trattamento laser – consigliato quando i capillari hanno un diametro inferiore a 0,5-1 mm – non è particolarmente fastidioso; si può avvertire un lieve dolore simile ad una bruciatura, che di solito è ben tollerato. I capillari più piccoli, soprattutto quelli violacei, spariscono quasi subito, mentre quelli più grossi diventano via via più scuri e scompaiono (a volte è necessaria una seconda seduta).
Un’altra situazione da trattare col laser è il matting, ovvero una rete intricata di nuovi capillari che si forma quando viene chiusa una vena che drena del sangue da un territorio cutaneo. Questo può avvenire, ad esempio, nel momento in cui viene sclerotizzata oppure asportata una vena sana. Il sangue che ristagna, in questo caso, provoca la dilatazione di capillari che spuntano in maniera disordinata sulla cute rendendosi visibili.
In definitiva, il mio consiglio è quello di recarsi sempre in uno studio medico per uno screening degli arti inferiori, valutare quale trattamento è più indicato e, prima di ogni terapia, eseguire uno studio della circolazione con eco-doppler.
Alessandro Pasquali
(medico estetico)